40 Ruggenti, 50 Urlanti, 60 Stridenti e la sfida più estrema: Capo Horn

Il nostro globo è percorso da venti dominanti che in determinate zone hanno delle caratteristiche molto particolari. Navigando al di sotto del quarantesimo parallelo a Sud dell’Equatore avviene che l’aria fredda dell’Antartide si scontra con le correnti calde degli oceani creando una serie di intense depressioni, resi ancora più estremi resi dal fatto che navigando più a Sud al di sotto del cinquantesimo parallelo i forti venti da Ovest che si creano non incontrando ostacoli come terre emerse per migliaia e migliaia di chilometri ed aumentano molto la loro intensità.

In queste zone il vento soffia talmente forte da diventare un ruggito costante ed assordante e più si scende a Sud e più aumenta di intensità. Queste zone sono ben conosciute e temute dagli antichi navigatori che per attraversare i continenti dovevano avere a che fare con queste situazioni e avevano coniato dei nomi che rispecchiavano perfettamente le condizioni che incontravano: I Quaranta Ruggenti, I Cinquanta Urlanti, I Sessanta Stridenti. Come se all’aumentare della Latitudine Sud aumentasse l’intensità delle perturbazioni, e con esse il rumore del vento tra le Sartie della nave si facesse sempre più acuto ed insopportabile.

Circumnavigando il globo a Sud si ha la possibilità di doppiare tre capi importanti e ben conosciuti dai navigatori: Capo di Buona Speranza che segna il passaggio dall’Oceano Atlantico all’Oceano Indiano entrando nel Grande Sud navigando per migliaia di chilometri nei Quaranta Ruggenti, Cape Leuwin la punta più a Sud dell’Australia che segna il passaggio nell’Oceano Pacifico, poi si scende ancora più a Sud navigando per oltre dieci mila chilometri nei Cinquanta Urlanti in una zona di solitudine sconfinata, un vento assordante e onde alte come alberi, ed infine dopo questa navigazione ai limiti del tollerabile, c’è quello che in un videogioco avrebbe rappresentato il mostro finale, la sfida più estrema: Capo Horn.

“Le montagne intorno sono coperte di neve e scendono al mare in un punto che noi abbiamo battezzato Capo Horn” Così scriveva Wimmen Cornelison Schouten, capitano della Eendracht nel 1616, quattrocento anni fa nasceva il mito. Capo Horn è una leggenda per tutti i marinai di qualsiasi epoca, è la punta più a Sud della Terra del Fuoco a Sud della Patagonia doppiarlo significa passare dall’Oceano Pacifico all’Oceano Atlantico. Il problema è che Capo Horn non è mai molto disponibile a lasciarsi doppiare infatti è caratterizzato da una combo di condizioni che hanno alimentato la leggenda del luogo rendendolo un cimitero di navi e di marinai. Prima di tutto il vento: Siamo nel pieno dei 50 Urlanti e andando a vedere le statistiche Capo Horn offre per la maggior parte dei giorni burrasca con oltre 40 Nodi di vento.
Capiamoci, con 25 Nodi di vento chiudono gli impianti sciistici, con 35 Nodi viene interdetto il decollo degli aerei, con 40 Nodi i traghetti non escono dal porto. A Capo Horn due giorni su tre ci sono più di 40 Nodi e se si è sfortunati, anche peggio.
La seconda condizione che rende Capo Horn così famoso: Il mare che è sempre incazzato, ma incazzato di brutto. Il fondale nello Stretto di Drake passa improvvisamente a distanza di poche miglia da 4000 Metri di profondità a poche centinaia di metri, questo causa la formazione di onde estremamente violente, onde che si formano nel Pacifico e si mescolano con quelle dell’Atlantico e dell’Antartico creando dei muri di oltre dieci metri che frangono e si incrociano rendendo la navigazione un vero e proprio inferno. Se poi consideriamo la temperatura dell’aria che va dai 12°C d’estate ai -5°C di inverno e quella dell’acqua sempre prossima agli 0°C, potrete facilmente capire il perché della fama di Capo Horn.
Doppiare Capo Horn e poterlo raccontare non è mai stata una cosa scontata. Non a caso l’orecchino portato dai marinai è il segno distintivo di un club piuttosto ristretto i “Cape Horners”, cioè quell’élite di marinai che può vantare di aver doppiato Capo Horn… Ed essere sopravvissuto.

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